Taneka Beri

Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino

XXII edizione, 2011

La Giuria del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino ha deciso all’unanimità di dedicare la XXII edizione (2011) a Taneka Beri, villaggio dell’Atakora, Benin.

Questa edizione ha portato la Giuria a una scelta inconsueta, lon­tana da i temi affrontati in precedenza: un villaggio dell’Africa occidentale subsaha­riana. Un luogo, la sua forma e la sua vita, la comunità Tangba che ne è responsabile, il suo patrimonio di idee e di cose, il senso del tempo e dello spazio, la custodia della memoria, la trasmissione di conoscenze, di arti e di mestieri, il governo dei beni comuni e le cure della casa, il concetto di natura e le figure del sacro.

È un villaggio del nordovest del Benin, posto sulle colline Taneka, propaggini meridionali del massiccio dell’Atakora, snodo cruciale della storia delle popolazioni della regione, spar­tiacque tra i bacini del Volta, del Niger e dell’Ouémé, il fiume che percorre il paese da nord a sud fino al Golfo di Guinea. Fa parte di un insieme di villaggi che hanno origine nel xviii secolo come rifugi dai razziatori di schiavi provenienti dal sud; il suo toponimo oscilla tra lo storico Seseirhà (“le case sovrapposte”), e il più recente Taneka Beri (“grande taneka”). È articolato in quattro parti identificate con altrettanti toponimi – Satyekà, Tyaklerò, Galorhà, Pendolou –, ognuna delle quali è costituita da molteplici nuclei abitati da famiglie allargate.

Un antropologo italiano, Marco Aime, ha guidato in questo mundus alter un’incursione sperimentale di un gruppo di esperti europei di paesaggio nel tentativo di raccoglierne segni e intercettarne significati, attraverso l’inevitabile e consapevole filtro degli attrezzi conosci­tivi e percettivi del nostro mondo. Le indagini condotte hanno quindi trovato un momento di sintesi tra le conoscenze già acquisite sul campo in ambito antropologico e un approccio paesaggistico in grado di rendere non solo i caratteri di spazialità che ci sono più consueti ma anche la complessità relazionale che trova in un diverso rapporto spazio tempo la sua ti­picità. L’impegno è stato quello di dar conto degli interrogativi che un microcosmo così lontano continua a porre alla nostra cultura e alla nostra mentalità, luogo che si è svelato possibile paradigma di sviluppo sostenibile, da cui trarre suggestioni importanti per il futuro, piuttosto che restare ancorati alle consuete certezze di un Occidente esportatore di civiltà e progresso. I modi dell’insediarsi in rapporto simbiotico con la natura, l’invenzione della li­bertà e di una struttura particolare della società hanno consolidato un comune senso di ap­partenenza che non è esclusione, ma senso di comunità coesa e stabile, mediato attraverso figure carismatiche che garantiscono il senso di appartenenza alla terra, senza creare forme di rifiuto integralista verso gli stimoli provenienti dalle altre culture.

Testo tratto dalla Motivazione del Premio Carlo Scarpa 2011, a cura della Giuria.