Mappe e arte

la geografia serve a fare la guerra?

Representation of human beings
mappe e arte in mostra

Le opere e le installazioni artistiche collocate nelle tre sezioni svolgono la medesima funzione del basso continuo in musica, un sostegno armonico in grado di legare tutti i materiali dell’esposizione. La metafora musicale è particolarmente indicata per coinvolgere il pubblico – questo il senso di tutto il percorso espositivo – e invitarlo a riflettere sulla domanda che dà senso all’intero progetto: La geografia serve a fare la guerra?

La visione della Terra dall’alto, dal punto di vista di Dio, aiuta paradossalmente a entrare con maggiore empatia nella dinamica dell’avventura umana. Il fiammingo Abramo Ortelio disegnò nel 1570 un planisfero intravisto dalle nuvole  invitando l’osservatore a meditare sulla figura del mondo, in particolare quello del suo tempo, dilaniato dalle guerre di religione tra cattolici e protestanti. The Blue Marble la prima foto del pianeta Terra scattata dall’equipaggio dell’Apollo 17 nel 1972; i tappeti geografici che restituiscono una straordinaria matericità alle mappaemundi confezionate con fittissime trame e orditi da abilissime maestranze femminili afgane; una fragile elaborazione di Marco Ferreri, il planisfero TerraCotta, riescono a rendere palpabile e visibile la condizione umana, dimostrando l’inesauribile fecondità del dialogo tra arte e geografia.

Un dialogo che viene introdotto al visitatore ancora prima del suo ingresso nel percorso espositivo dall’opera The Colours of Cultural Map dell’artista Pietro Ruffo, un atlante dei paesi del mondo e delle differenze che uniscono i popoli.