Agenda settembre 2019

Paesaggio e Antropocene

 L’Agenda di questo mese ospita un intervento di Giuseppe Barbera, professore ordinario di Colture arboree all’Università di Palermo, membro del Comitato scientifico della Fondazione.

 

Nel susseguirsi di eventi climatici estremi, di diffusi fenomeni di disordine ambientale e – a confermarne intensità e frequenza – degli allarmi delle agenzie internazionali e delle più autorevoli organizzazioni scientifiche, si diffonde la consapevolezza di vivere nuovi tempi. La civiltà dell’uomo segna il pianeta con l’affermarsi di un’epoca geologica, l’Antropocene, caratterizzata da globali conseguenze che, per il superamento di limiti ambientali (e le ripercussioni sociali e culturali), non appaiono più sopportabili. 

Sarà la Commission for Stratigraphy (ICS) della International Union of Geological Sciences (IUGS) a stabilire, con la ufficialità che le compete, che l’Olocene, iniziato quasi 12.000 anni fa al termine dell’ultima glaciazione, ha dato posto all’“età dell’uomo”. Ma la coscienza di vivere in una nuova era è diffusa tra scienziati di diverse discipline e culture e approfondito è il dibattito circa il momento in cui il rapporto tra natura e uomo è diventato antagonista. Si è pensato alla rivoluzione industriale del XVIII secolo, all’energia atomica, molte prove conducono però agli anni del dopoguerra, quelli del boom economico, che gli scienziati chiamano della “grande accelerazione”. 

È da allora che l’instabilità planetaria, manifestata da innalzamenti di temperatura e del livello delle acque marine, da isole di plastica e devastanti tempeste di vento, viene collegata alla crescita della CO2 in atmosfera per il consumo di fossili e i cambiamenti d’uso del suolo, alla perdita di biodiversità, alla rottura dei cicli biogeochimici. L’umanità pare aver perso il controllo di molti processi naturali e, da comprimaria nella storia evolutiva della biosfera, ne è divenuta assoluta protagonista determinando, su di essa e su sé stessa, effetti dannosi perduranti e preoccupanti, fino al superamento di “limiti planetari” dai quali dipendono le condizioni del suo futuro.

L’Antropocene ha molte concomitanti ragioni e i suoi effetti negativi si ripercuotono sulle diverse necessità degli uomini. Impone modelli alternativi che rallentino il degrado e anzi si oppongano virtuosamente a esso. Ciò che serve per comprenderne ragioni e soluzioni non sono tanto (o soltanto) nuove tecnologie, ma un approccio complessivo che sollevi il sapere dell’uomo dalle angustie di una visione riduzionista. Una reale soluzione potrà trovarsi solo attraverso una visione di sistema che non guardi a risposte locali, a misure parziali per quanto utili e che coinvolga saperi diversi, scientifici e umanistici. Il pianeta Terra è uno («l’unica che abbiamo» ricorda un vecchio slogan ambientalista); la vita in esso è, in tutte le differenti forme, intimamente collegata; le società umane non possono isolarsi in ambiti circoscritti, in bisogni materiali trascurando gli immateriali (l’utilità e la bellezza si potrebbe dire, a partire dalle radici della cultura occidentale). L’Antropocene può essere affrontato, e gli effetti negativi attenuati, solo attraverso una visione di paesaggio, luogo dell’incontro tra la natura e la storia, spazio possibile di ordine e non di disordine.