Agenda settembre 2018

L’eredità di Pascal Cribier 

L’Agenda di settembre ospita un intervento di Elena Antoniolli, architetto specializzata in Architettura per il Paesaggio, borsista presso la Fondazione Benetton nel 2018, che mercoledì 12 presenterà il suo lavoro di ricerca.

 

A pochi anni dalla scomparsa di Pascal Cribier (1953–2015), paesaggista francese che preferiva definirsi giardiniere, la Fondazione Benetton lo ricorda attraverso il lavoro di una borsa di studio, finalizzata a tracciare la misura intellettuale del progettista che opera nei luoghi sensibili dei giardini storici, con sguardo contemporaneo, riuscendo a far convivere le dinamiche sociali nel palinsesto storico. 

La ricerca, che interroga la dimensione progettuale non solo di Cribier ma anche del paesaggista olandese Michael Van Gessel (1948), esplora il loro approccio a partire dal bilanciamento tra le due componenti principali di ogni atto che abbia a trasformare l’esistente: la memoria e l’invenzione. Cribier e Van Gessel sono autori di “saggezza pratica” radicati nell’immersione palpabile dei luoghi, in un atteggiamento di ascolto della complessità temporale, che si riflette attraverso operazioni di trascrizione poetica. 

Il processo progettuale è un’interazione tra analisi e sentimento, tra inerte e vivo, tra statico e dinamico, in cui il progetto trae vantaggio dalle componenti inaspettate dei fenomeni climatici e ne accoglie l’imprevedibilità. 

L’eredità di Cribier, progettista dalla forte inclinazione artistica e profonda competenza botanica, celebra il fascino del vivente; l’elemento vegetale diventa un elemento poetico. Dedito alla ricerca di armonia spaziale, Cribier fa parlare le piante esaltando la mutevolezza del giardino, nella sua capacità di mettere in scena i cicli naturali, trasmettendo “momenti di pura poesia”. 

Si comporta come un mediatore: mostra l’intelligenza della natura senza mettersi in evidenza, nel tentativo di rendere palpabile lo scorrere del tempo. Nel suo intervento più celebre, la riqualificazione dei giardini delle Tuileries a Parigi (1991–1997), Cribier dimostra una sapiente capacità di reinterpretare la memoria storica mediante un intervento che, rispettando la monumentalità del sito, integra le necessità d’uso di un’intensa fruizione pubblica, in relazione ai cambiamenti culturali e alle pratiche del XX secolo. 

L’approccio nel “continuare la storia” del giardino si basa su un rapporto di confidenza col luogo, in cui le scelte progettuali sono basate su osservazione e analisi, ma anche sulla consapevole scelta di non privilegiare a priori nessuna fase storica; aggiungendo, togliendo e modificando, conscio che il suo intervento è un episodio di un racconto in continua evoluzione. Esistono, infatti, dei monumenti come il giardino che si trasmettono solo a condizione di essere interpretati, in quanto la loro struttura include elementi che richiedono una continua ri-esecuzione. 

Definito come uno scultore della natura, un botanico delle emozioni, Cribier progetta i suoi giardini ricercando quell’atmosfera polisensoriale che risveglia l’immaginazione. Preferendo alle planimetrie i picchetti piantati sul posto, ci insegna che per lavorare nel giardino è necessario conoscere intimamente il gesto del giardiniere, saggiare le correnti d’aria, governare le acque e interrogare il cielo.