Agenda gennaio 2021

Il gioco, una cosa seria

Che il gioco sia anche una cosa seria, sebbene possa parere strano, è un indiscutibile dato di fatto. 

Si pensi a quanti si impegnano nel gioco senza risparmio di fatiche, costi e obblighi, con un fervore e una diligenza che magari non mettono nelle incombenze più impegnative del vivere quotidiano. E si pensi alla dolce leggerezza del gioco infantile. Ma l’esserne seriamente coinvolti non toglie al giocare il fondamentale aspetto ludico.

L’evasione dalla routine, l’immergersi nel mondo del fantastico, l’adattarsi a regole lontane dagli obblighi della normalità è una piccola conquista, una risorsa a cui non conviene rinunciare. La seria affermazione di questa realtà concettuale, che può apparire stramba, ha uno dei suoi luoghi privilegiati nell’ambito della Fondazione Benetton Studi Ricerche che continua a trattare con impegno questa linea culturale.

Il mondo è storicamente pieno di occasioni che confermano quanto si è detto. Si pensi ai secoli in cui ci si spendeva nel gioco della pugna, battagliole in cui con poche regole giovani e meno giovani divisi in squadre si trovavano per darsi “botte da orbi” per vedere chi trionfava. Nell’antica Sparta quel “gioco” era anche una forma di addestramento militare, e tanto piaceva in giro per il mondo che sant’Agostino, nel IV secolo, dovette predicare a lungo perché gli abitanti di Cesarea in Mauritania smettessero quel “gioco” con morti e feriti, e il riuscirci fu quasi un miracolo. Ma prendersi a botte “per gioco” durò a lungo. Era funzionale per addestrarsi alla guerra e fu messo davvero sotto controllo soltanto quando gli eserciti ebbero strumenti più “moderni” per esercitarsi, e il gioco rimase, ma sempre più sotto controllo. Il calcio fiorentino, per esempio, ne è un erede, però sempre più regolato tanto da essere oggi una specie di rappresentazione folklorica. Rischio, pericolo e gioia possono marciare insieme.

Certamente i processi di civilizzazione portano a mutamenti profondi con tanti percorsi. Nelle Isole Trobriand (in Nuova Guinea) i conflitti tribali erano un sorta di gioco delle parti, ma proprio nella logica del gioco i missionari inglesi riuscirono a spegnere la violenza introducendo il cricket, trasformato nello sport nazionale. E il giocare in borsa fu un passaggio straordinario per l’economia, compiuto da quel medioevo che, dopo la profonda depressione in cui la moneta era sostanzialmente sparita, tornò a regolare i rapporti con un’economia monetaria. E il ritorno della moneta comportò anche una nuova stagione di ludicità: il denaro è un ottimo strumento di gioco, da quello più innocente che può risolversi in un biglietto della Lotteria di Capodanno o nel puntare su un bicchiere di vino, fino a quello drammaticamente pesante che diventa una vera patologia. 

Il gioco tra realtà e fantasia, tra libera distensione e drammatico coinvolgimento è, in sostanza, una componente fondamentale del vivere sociale, in ogni tempo e dovunque, e vale la pena davvero… prenderlo sul serio.

 

Gherardo Ortalli

direttore di «Ludica. Annali di storia e civiltà del gioco»