Agenda gennaio 2020

Made in Venice

Il concerto di lodi che da secoli canta Venezia come un vero e proprio miracolo costituisce la base del mito di Venezia stessa. 

Nelle ultime settimane il mondo si è sentito ferito per come essa sia apparsa fragile per l’acqua alta che l’ha invasa. Eppure proprio quell’acqua alta è stata la fortuna di una città che fin dal 1267 Martin da Canal definiva «la più bella e la più piacevole del secolo». 

Per centinaia d’anni, i marmi, i graniti, gli affreschi di Venezia si sono sgretolati e sono andati in polvere dopo che le acque si erano ritirate, ma questa volta il tutto è stato percepito come un punto di non ritorno. 

Cosa è cambiato? Nulla per Venezia, come ben sa chi la vive, ma tutto per chi l’ha innalzata a mito e ha visto riflessa in quelle acque alte la caducità della nostra stessa esistenza. La consapevolezza di poter perdere qualcosa che si vorrebbe conservare per sempre, perché ci ricorda un ideale. 

Eppure Venezia da anni combatte quotidianamente la sua battaglia per non essere considerata un mito, perché proprio questo sentimento la porta a essere invasa ogni anno da cacciatori di scorci da fotografare e da divoratori di “luoghi particolari” o a essere considerata viva grazie ai “bacarotour”. 

Henry James, in Compagni di viaggio, ci lascia una descrizione della Basilica di San Marco che è più evocativa di qualsiasi fotografia condivisa su Instagram: «Mi aggirai per una mezz’ora sotto quelle coppe rovesciate di tenebra scintillante, inciampando sui gran rigonfiamenti del lastricato di pietra […] Avevo lasciato l’Europa; ero in Oriente». Cercando di avere la stessa attenzione del grande autore americano, quest’anno il progetto Musica antica in casa Cozzi presenta al pubblico una musica diversa, poco conosciuta e anche poco ascoltata. Dalla voce della comunità ebraica confinata in quello che diventerà il primo Ghetto della storia, agli splendori delle sontuose polifonie dei maestri di cappella della Basilica Marciana, passando per la musica popolare del Quattrocento e arrivando a concludere con un viaggio su una barca di madrigali immaginata a Venezia ma scritta da un monaco bolognese. E ancora altri due appuntamenti che racconteranno il profondo e silenzioso legame della città lagunare con la letteratura: quello dei salotti letterari e quello dei suoi editori. 

Raccontare Venezia in una stagione musicale è difficile tanto quanto accettarne i luoghi comuni che purtroppo la definiscono ai più. 

Ma questa storia scritta, e poco letta, realizzata e portata nella splendida cornice della chiesa di San Teonisto è la storia di una “scuola musicale”. 

Una scuola che ha per aule gli oltre centoquaranta campanili della città, i quattrocentotrentotto ponti che uniscono le centoventiquattro isole che la compongono, i duecentoquaranta tra campi e campielli che incoronano l’unica piazza della Serenissima, con la porta più bella di qualsiasi altra città del mondo: le due colonne che incorniciano il bacino di San Marco. 

È la musica delle nazioni presenti in laguna, delle numerose fedi religiose che in essa hanno sempre trovato un luogo, di popoli diversi che hanno vissuto nel quotidiano di una città unica. E che ebbe una portata così significativa che possiamo sintetizzarla con il verso di un poeta veneziano troppo in fretta dimenticato, Mario Stefani, che semplicemente disse la verità: «Se Venezia non avesse il ponte/l’Europa sarebbe un’isola».

 

Stefano Trevisi

direttore artistico del progetto

Musica antica in casa Cozzi