Per una nuova vita del Bosco di Sant’Antonio di Pescocostanzo

laboratorio

2012-2013
Comune di Pescocostanzo

 

 

Dall’autunno 2012 è al lavoro un cantiere voluto dal Comune di Pescocostanzo e personalmente dal Sindaco Pasquale Del Cimmuto, con la vicinanza entusiasta di Francesco Sabatini, illustre pescolano.
Vi lavorano due squadre, una fa capo all’Università di Firenze, Dipartimento di Agricoltura e Foreste, coordinata da Mauro Agnoletti con Luigi Hermanin, l’altra alla Fondazione Benetton Studi Ricerche, coordinata da Domenico Luciani con Patrizia Boschiero, alla quale partecipano in modo organico, in particolare, Aurelio Manzi e Antonio Di Renzo.
Le proposte del cantiere e i risultati delle ricerche saranno resi noti e discussi in un convegno a Pescocostanzo il 29 e 30 agosto 2013.
Si tratta, per la Fondazione, del proseguimento del Premio Carlo Scarpa 2012, che ha cercato di illuminare il valore di un piccolo bosco abruzzese e contribuito a ravvivare il dialogo tra la comunità di Pescocostanzo e il luogo nel quale essa vive, lavora, trae la propria prospettiva futura; il luogo di cui essa porta la responsabilità, onore e onere che le è stato affidato da una lunga storia di usi, di costumi e di norme.
Il cantiere sta cercando di definire le condizioni necessarie per un profondo rinnovamento del governo del Bosco di Sant’Antonio; ove governo sia inteso come insieme coerente di studi, progetti, interventi, attenzioni quotidiane, di pensieri e di atti tesi alla salvaguardia e alla messa in valore del suo carattere peculiare di bene comune, curato da una presenza umana che sa misurare le proprie opere in alleanza con la natura.
Così da poter intravvedere, come risultato di uno sforzo prolungato in un arco poliennale, un ritrovato “bosco difesa”, un “pascolo alberato” dotato di prati vivi, ampie radure, adeguate chiarie, presenze esemplari di grandi alberi che ripresentano lo storico assetto “a candelabro” dovuto alle pratiche agro-silvo-pastorali di lunga durata.
Il Bosco è sottoposto oggi a diverse esigenze e sollecitazioni, spesso contraddittorie e conflittuali: tutela del patrimonio di natura; usi antropici legati agli abitanti; domanda turistica; robusta e persistente presenza agricola e zootecnica; consuetudini di raccolta.
L’ipotesi di lavoro punta a evitare risposte parziali e unilaterali, o peggio complicati dosaggi, assumendo questo piccolo ambito forestale come caso esemplare di inestricabile commistione di natura e cultura, come parte costitutiva della forma e della vita di un luogo e di una civiltà della montagna in grado di costruire un inedito equilibrio tra le diverse sollecitazioni.
La nuova vita del Bosco diviene la punta avanzata di uno sforzo di ricerca critica e innovativa delle condizioni economiche e antropologiche che le danno senso nel futuro, in assenza delle quali assumerebbe i connotati di mero artificio conservativo, ambiente tenuto insieme da un accanimento terapeutico inevitabilmente effimero, da una sorta di nostalgico e costoso “com’era, dov’era”.
La nuova vita, per essere tale, presuppone dunque la rinascita, alla scala del luogo di cui il Bosco è parte costitutiva, del tessuto di conoscenze, arti e mestieri, poteri e norme alle quali affidare le misure e i ritmi delle sue modificazioni.