Agenda aprile 2018

Il futuro dell’antico

Dedichiamo il fondino dell’Agenda di aprile alla musica antica, che, con Musica antica in casa Cozzi, rappresenta uno dei progetti della Fondazione.

La riflessione dedicata a questo repertorio l’abbiamo voluta affidare a Xavier Van Damme, presidente di REMA (European Early Music Network) e direttore artistico del celeberrimo “Festival di musica antica di Utrecht”. Un intervento ispirato e ispiratore sul futuro dell’antico.

 

Nel 1973 Gustav Leonhardt, all’epoca figura rappresentativa di un movimento di musica antica che stava appena sbocciando, fu intervistato dalla televisione olandese. Nel magnifico salone settecentesco della sua casa di Herengracht, ad Amsterdam, circondato da pregevoli pezzi di antiquariato di ogni tipo, ascoltava il giornalista che gli chiedeva se fosse fuggito dal caos del mondo moderno che lo circondava per cercare rifugio nella sicurezza di un passato ricreato.

Leonhardt, appoggiato allo schienale di una poltrona Luigi XV, fece un bel respiro prima di rispondere: «Non ho affatto l’impressione di essermi ritirato. Come ho detto precedentemente, considero questa musica qualcosa di contemporaneo che viene vissuta come tale da così tante persone che non posso considerare in alcun modo la mia scelta come un abbandono». Leonhardt descriveva la sua esperienza di un momento molto felice della storia del revival della musica antica del XX secolo: un periodo in cui tutto sembrava nuovo, in cui sonorità improbabili e affascinanti venivano create tramite la riscoperta di repertori, strumenti e prassi esecutive un tempo dimenticati. A distanza di quarant’anni, scopriamo che la visione del revival della musica antica come una vile fuga dal presente sembra aver imposto una critica aspra della vera validità del movimento. Le sagge parole di Leonhardt che descrivevano la contemporaneità dell’esperienza di sonorità passate sono state purtroppo dimenticate. Alcuni si spingono persino oltre, collegando la musica antica a una mentalità reazionaria e a programmi politici e sociali ultraconservatori. Terminati i suoi compiti archeologici – sostengono alcuni critici – e avendo scoperto tutto il repertorio perduto che meritava di essere recuperato, il movimento ha perso anche la sua vera raison d’être.

Non posso essere d’accordo con queste opinioni.

La musica antica non è morta, è solo all’inizio! L’enorme mole di musica sconosciuta che è stata registrata ed eseguita dagli anni ’60, quando il revival prese il via, è veramente strabiliante: e resta ancora tanto da scoprire. Inoltre, la musica dimenticata che oggi possiamo di nuovo ascoltare deve essere rivalutata nel più ricco contesto delle nostre conoscenze multidisciplinari in continua crescita. Una nuova generazione di musicisti dedicati all’esecuzione di questo repertorio sta studiando come avvicinarsi alla musica in nuove, emozionanti modalità frutto di approfondimenti storici e filologici, e le loro interpretazioni ci offriranno a loro volta nuove sonorità e nuove intuizioni per il nostro piacere e la nostra riflessione. Ma soprattutto assisteremo a un cambiamento delle sonorità di questo repertorio, che andrà di pari passo alle mutazioni del mondo che ci circonda. Verrà infatti eseguito e creato nuovamente nel presente, traendo la propria forza e la propria espressione dalla tensione tra il suo passato e il momento attuale in cui viene ascoltato. Non giova guardare indietro al passato, che è ormai fuori dalla nostra portata, bensì al mondo circostante in una luce fresca e vivida. La musica antica, quindi, non punta al passato, ma al futuro, come un’espressione in continua evoluzione del presente.