Tre x tre = quattro. Nove passi nella storia del quartetto

tre concerti con il Quartetto di Venezia
, ore
chiesa di San Teonisto

La Fondazione inaugura la programmazione musicale con un viaggio nella storia del repertorio quartettistico scegliendo di affidarlo a una formazione cameristica conosciuta e apprezzata in Europa e nel mondo, ma che rappresenta anche un’eccellenza del nostro territorio: il Quartetto di Venezia (Andrea Vio, violino; Alberto Battiston, violino; Mario Paladin, viola;  Angelo Zanin, violoncello).

 

Il concerto conclusivo del ciclo dedicato alla storia del quartetto si apre con una delle pagine più celebri del catalogo di Franz Joseph Haydn, il famoso Quartetto in Do maggiore op.76 n.3, conosciuto come Imperatore. Ultimo grande omaggio al genere del quartetto di cui Haydn viene considerato giustamente il padre, fu composto nel 1796 a Vienna e deve il suo nome all’utilizzo nel Poco Adagio della melodia dell’inno austriaco Gott erhalte den Kaiser composto da Haydn stesso su testo di Lorenz Hascka ed eseguito per la prima volta il 12 febbraio 1797, in occasione del compleanno dell’Imperatore. La composizione di Haydn, forse la più elaborata e complessa del ciclo di questi ultimi sei quartetti op. 76 del periodo viennese del compositore, si colloca come un caposaldo del genere, quasi una quintessenza della forma realizzata proprio da colui che con le sue composizioni ha contribuito, lungo il corso della storia della musica, allo sviluppo proprio della forma del quartetto.

La Serenata Italiana di Hugo Wolf, scritta nel maggio del 1887, si ispira direttamente, per il suo carattere disteso e sereno, alla tradizione dei movimenti lenti e moderati della forma. Lo stesso Max Reger riconosceva la grandezza di questa pagina, tanto da profetizzarne un naturale riconoscimento di successo da parte del pubblico e degli esecutori.

I nuovi orizzonti della forma quartettista si ampliano con la composizione del Quartetto verdiano, scritto a Napoli nel 1873. Unica creazione cameristica di Giuseppe Verdi, consacrato autore operistico, il Quartetto rivela non solo una musica di assoluta e pregevole fattura, ma nella definizione dei tempi dimostra un interesse da parte di Verdi di riflessione sulla forma in sé mutando le concatenazioni dei movimenti. Pur nella totale assimilazione della forma quartetto ereditata dai grandi maestri che lo hanno preceduto, Haydn in primis, Verdi riesce a far coesistere nella stessa pagina il rigore della forma “colta” per eccellenza, contraddistinta da un intenso sviluppo del contrappunto, e la leggerezza di una scrittura che, assolutamente nel bene, tradisce la sua natura più pura e limpida di operista.