Quattro.zero

stagione concertistica
, ore
chiesa di San Teonisto

La Fondazione inaugura la nuova stagione musicale, proseguendo il percorso di approfondimento sul repertorio quartettistico avviato lo scorso anno in partnership con il Quartetto di Venezia (Andrea Vio, violino; Alberto Battiston, violino; Mario Paladin, viola; Angelo Zanin, violoncello), formazione cameristica conosciuta e apprezzata in Europa e nel mondo, e con la direzione artistica del maestro Stefano Trevisi.

Se la rassegna 2018 era stata dedicata alla musica da camera ottocentesca, il cartellone 2019, articolato in quattro concerti tra ottobre e dicembre, prevede la “scoperta” di pagine di autori del Tardo Romanticismo e del primo Novecento storico fino all’apertura contemporanea, e si propone di sviluppare alcune idee emerse lungo il corso della precedente edizione. In particolare, l’attenzione per i giovani, scegliendo di inserire nella programmazione un quartetto di promettenti interpreti, il Quartetto Dàidalos (Anna Molinari, violino; Paolo Vuono, violino; Lorenzo Lombardo, viola; Lucia Molinari, violoncello), selezionato nel circuito delle scuole di alta formazione europee, e avviando una proposta didattica per le scuole.

Tra gli appuntamenti anche un incontro con Laura Patrizia Rossi (Universal Edition Wien) per una conferenza sulla storia editoriale della musica da camera romantica.

 

Il primo concerto, in programma sabato 5 ottobre alle ore 18, vede protagonisti uno Schumann (quartetto in la maggiore op. 41 n. 3) e un Brahms (quartetto in do minore op. 51 n. 1) che cercano una strada nuova per la forma del quartetto. Ancora troppo viva e sentita è la lezione di Beethoven e dei suoi ultimi quartetti che sono destinati non solo alla memoria collettiva ma anche a rappresentare un limite all’apparenza invalicabile. Non altrimenti si spiegherebbero le lunghe gestazioni di questi capolavori di Schumann e Brahms; e se per Brahms sono le testimonianze dei suoi contemporanei a raccontarci il sentimento altalenante tra la soddisfazione di cercare una nuova forma e la frustrazione di non sentirla all’altezza del modello beethoveniano, sarà Schumann a lasciare di questa «cerca» di una nuova strada alcune dettagliatissime pagine nei suoi diari personali.