Premio Gaetano Cozzi e spettacolo teatrale Homo Ludens

, ore
chiesa di San Teonisto
ingresso libero

Un gong, un giudice, quattro giocatori, un pubblico.

La Fondazione Benetton, che da sempre dedica uno dei suoi settori di ricerca alla storia del gioco, invita ad avvicinarsi al tema della “serietà del gioco” attraverso il linguaggio immediato e coinvolgente del teatro. Sabato 10 novembre alle ore 17 nella chiesa di San Teonisto presenta infatti Homo Ludens, spettacolo teatrale della compagnia veneziana Malmadur. Una performance in cui il palco è il tabellone e gli attori i gio­catori di una partita reale dall’esito imprevedibile che mette in palio la cosa più preziosa per un performer: la possibilità stessa di andare in scena.

 

Lo spettacolo viene proposto in occasione della cerimonia di consegna dei Premi Gaetano Cozzi per saggi di storia del gioco, edizione 2017, vinti da Guillaume Bureaux e da Umberto Cecchinato, cui va un riconoscimento di 3.000 euro ciascuno. Una segnalazione speciale è stata attribuita a VincenzoTedesco. I saggi premiati, in corso di pubblicazione nel XXIV volume della rivista «Ludica. Annali di storia e civiltà del gioco», curata ed edita dalla Fondazione Benetton in collaborazione con Viella Libreria Editrice, affrontano il tema delle politiche relative all’azzardo nella Treviso medievale, la funzione di giostre e tornei e di pratiche cavalleresche in generale nella successione al Sacro Romano Impero al tempo di Carlo V, e il rapporto tra l’Inquisizione e i sortilegi per vincere al gioco.

 

Homo Ludens è un lavoro particolarmente vicino allo spirito del Premio Gaetano Cozzi. Si tratta di una ricerca teatrale attorno al gioco e alla regola. I performer condividono un complesso linguaggio di regole e riti che permette loro di giocare senza premeditazione all’interno di una struttura fluida determinata dalle loro azioni e dall’influenza del pubblico, che può essere tifoso, giudice o voyeur.

L’assunto di partenza della ricerca è che il gioco sia una delle matrici fondamentali della cultura. Se così è, allora il giocare un gioco costituisce il momento metalinguistico per eccellenza, in cui «la cultura parla le proprie regole» (Umberto Eco, “Homo ludens” oggi), in cui lo spettatore può assistere da fuori a un frammento della struttura del proprio vissuto, ma svuotato del suo contenuto concreto, e dunque riconoscerlo. Il gioco diventa così il momento in cui l’uomo intravede la meccanica della propria esistenza.

 

In scena ci sono un giudice e quattro performer impegnati in una sfida vera e propria per non perdere. Nella drammaturgia nulla è premeditato al di fuori del linguaggio di regole che la compagnia costruisce e pratica durante le prove. La partita ha un esito imprevedibile influenzato dalle performance degli attori e dal pubblico in sala. Il performer che perde la partita non potrà prendere parte alla partita successiva.

Homo Ludens è un progetto performativo di lungo periodo che porta sulla scena un prodotto sempre diverso e in continua evoluzione. Il pubblico conoscerà l’esito delle performance passate; il tabellone-palco, i giochi e i giocatori porteranno le tracce delle sconfitte e delle vittorie vissute. La performance punta inoltre a far emergere un altro importante aspetto del gioco, la sua funzione di costruttore di comunità, di luogo di incontro tra sconosciuti. L’universalità del linguaggio ludico avvicina pubblico e performer in un rapporto d’intimità che supera quello della narrazione personale. Tramite l’azione del giocare e la tensione della competizione il performer si svela allo spettatore in tutta la propria umanità.